Notizie raccontate secondo i principi del solutions journalism (giornalismo delle soluzioni) e del giornalismo costruttivo, sono più amate dai lettori. Lo ha dimostrato uno studio effettuato da Engaging News nel 2014 e confermato il follow up eseguito nel 2015.
Lo studio, che viene ben raccontato sul blog del Solutions Journalism Network con cui collaboriamo, evidenzia in linea generale come i lettori si soffermino più a lungo sulle notizie che sono focalizzate su risposte e soluzioni rispetto al tempo speso per leggere una notizia che si limita a narrare un problema. La ricerca mette anche in risalto come gli articoli costruttivi siano quelli condivisi con più piacere dai lettori. Lo studio, realizzato in collaborazione con The Deseret News, ha evidenziato in particolare tre aspetti.
I lettori si sentono meno impotenti
Chi si imbatte in una storia di giornalismo costruttivo o delle soluzioni sviluppa un sentiment più forte nei confronti delle soluzioni. Accade che al termine della lettura abbia la percezione che, per quanto grande sia il problema, esistono strade che portano alle soluzioni e alle risposte possibili. Sono quelle che hanno intrapreso persone, istituzioni, comunità in giro per il mondo.
I lettori amano trascorrere più tempo sulle pagine che raccontano storie costruttive.
Secondo lo studio condotto, i lettori trascorrono il 25% di tempo (circa 30 secondi) in più sulle pagine che hanno un contenuto che racconta soluzioni e risposte. Parliamo di secondi, va bene, ma questo è un segnale di come le storie che ci catturano siano quelle che ci fanno sentire in grado di poter cambiare le cose.
I lettori, dopo aver letto la storia costruttiva, lasciano il sito se non trovano altro
Questo è un dato interessante: non è sufficiente produrre una sola storia di qualità. Risulta più produttivo offrire ai lettori una sorta di viaggio nelle soluzioni proponendo storie differenti: che siano risposte agli stessi problemi oppure a problemi di diversa natura.
Trovo questi dati significativi di un cambiamento che noi del Constructive Network stiamo toccando con mano in particolare negli ultimi mesi. Il lettore che viene catturato dal click facile esiste ancora. Al suo fianco, però, comincia a delinearsi sempre di più un lettore critico che sceglie le proprie fonti, abbraccia le storie costruttive e vuole nutrirsi di informazioni utili davvero.
Il Covid-19 ce lo ha insegnato: non ci basta più riconoscere il problema, abbiamo la necessità di sentire che questo sia in qualche modo gestibile o risolvibile. Abbiamo bisogno di risposte, di sguardi orientati a ciò che possiamo fare ora per migliorare il futuro. Siamo arrivati a questa pandemia con un tasso di cinismo molto alto e con una bassa fiducia nei media. E questo, badate bene, è quanto accade in tutto il mondo. Dialogando con giornalisti internazionali ho avuto conferma che la poca credibilità nei confronti dei media non è affare solo italiano. Non che sia una notizia che debba farci stare meglio, ma di sicuro ci permette di fare una riflessione più approfondita sul punto in cui siamo come esseri umani.
Siamo arrivati al 2020 sfiduciati e cinici. Con in testa tanti problemi sociali e sulle spalle il senso di colpa per averli generati. Poi è arrivato il Covid-19 e in qualche modo ha mischiato le carte in tavola. Chi ha voluto vedere l’opportunità nella difficoltà, ha potuto cogliere nuove esigenze comunicative.
Chi legge oggi si chiede: come ne usciamo? Torneremo alla vita di prima? Cosa sta cambiando e cosa cambierà nelle nostre abitudini? Come devo fare per continuare a vivere la mia quotidianità?
Queste sono le storie che il lettore vuole leggere. E si sofferma su di esse, prende appunti, condivide con amici e famiglia, ci torna per ricordare e conserva per ripassare. Sono storie che insegnano, educano, aiutano. Vale per il Covid-19 oggi ma possiamo ampliare lo sguardo a ogni altro problema che riguarda l’umanità intera o la singola comunità.
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